giovedì 23 giugno 2011

La chiesa di San Bartolomeo degli Armeni e il Mandylion

La Chiesa venne edificata nel 1308 da alcuni monaci Basiliani provenienti dall’Armenia meridionale, invasa dagli Ottomani. Della costruzione originale è rimasta la parte absidale, con la cupola e la cappella sinistra della testata; quella di destra, dedicata a San Pantaleo, venne demolita nel 1883, quando fu costruito il palazzo che chiude da due lati, (facciata e fianco destro) la chiesa di San Bartolomeo.
La chiesa subì radicali trasformazioni nel 1595, quando venne allungata, con l’aggiunta all’abside di un’ampia navata unica, che risulta molto più alta della costruzione primitiva; nel 1650 a San Bartolomeo Barnabiti i Basiliani vennero sostituiti dai Barnabiti, che nel 1775 avviarono nuovi lavori di ristrutturazione.
La storia della chiesa è strettamente legata alle vicende della reliquia del Santo Volto di Edessa, un lino dipinto a tempera che raffigura il volto di Cristo, donato dall’imperatore di Costantinopoli al doge di Genova Leonardo Montaldo, il quale ne fece dono ai monaci di San Bartolomeo nel 1388. Inserito in una preziosa cornice in filigrana d’oro e d’argento, vero capolavoro dell’oreficeria bizantina, la preziosa opera viene esposta durante la settimana successiva alla domenica di Pentecoste. Al suo interno la chiesa presenta un ricco corredo decorativo legato in gran parte alla sacra reliquia.
Tra gli affreschi sono di particolare interesse: "Gesù che consegna ad Anania le sue impronte", opera di G.B. Paggi realizzata nel XVI secolo; sulla volta del vestibolo si possono ammirare le "Storie del Santo Sudario" opera di Orazio De Ferrari, di G.B. Paggi e di Giulio Benso, nella controfacciata e sulla parete laterale destra; sulla volta, il "Martirio di San Bartolomeo" pregevole opera di Lazzaro Tavarone, realizzata nel 1596.
Tra i quadri di maggior pregio un’"Annunciazione" di G.B. Paggi, il "Miracolo del cieco di Gerico" di Orazio De Ferrari e il ritratto del "Beato Alessandro Sauli" opera di Giacomo Boni eseguita nel1745. Sull’altare maggiore, lo stupendo trittico di Turino Vanni del 1415, con "Madonna e santi" e "Storie di San Bartolomeo" nella predella; alle pareti del presbiterio due tavole di Luca Cambiaso: "Resurrezione" (1559) e "Ascensione" (1561), e "Angeli" di Domenico Piola. Resatano da segnalare segnalare ancora due crocifissi: quello ligneo del Maragliano e il grande Crocifisso ligneo barocco dell’abside.
Alla chiesa originaria appartengono i quattro affreschi quattrocenteschi posti nel vestibolo della sagrestia, con "Storie della Passione", "Crocifissione", "Evangelisti" e "Dottori della Chiesa".

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