venerdì 10 febbraio 2012

Essenze Barocche: Intorno ai dipinti di Alessandro Fergola nella Galleria Nazionale di Palazzo Spinola

Da un'idea di Maria Flora Giubilei
A cura di Farida Simonetti
Dal 15 febbraio al 27 maggio 2012

La Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, in stretta collaborazione con la Galleria d’Arte Moderna di Genova, desidera proseguire l’importante percorso di dialogo con le arti contemporanee inaugurato nel 2009 con l’evento espositivo “Spinola Contemporanea”, scegliendo di inserire tre opere di Alessandro Fergola (Genova, 1942) - una delle quali oggi conservata nelle raccolte pubbliche della Galleria d’Arte Moderna di Genova - nelle sale espositive del secondo piano nobile della dimora nobiliare.
In questo modo si intende proporre al pubblico il dialogo, con interessanti rimandi e suggestive contaminazioni, tra le opere barocche appartenenti alle collezioni della Galleria e le tele realizzate dal pittore Alessandro Fergola, la cui presentazione negli ambienti storici del palazzo rende evidente i contatti esistenti tra le opere seicentesche presenti nelle sale, con particolare riferimento alle testimonianze figurative di Grechetto, Domenico Piola e Gregorio De Ferrari, e il complesso e profondo linguaggio pittorico del maestro contemporaneo.
Come puntualmente individuato da Maria Flora Giubilei, il maestro genovese rivela infatti “una ricerca rigorosa, metodica, puntigliosa” che lo “conduce a perlustrare esperienze dell’arte più o meno antica, tra le esuberanze cromatiche di un barocco opulento e sanguigno e il calore della tavolozza dei romantici internazionali. L’indagine non conosce respiro e pausa, scandaglia neri assoluti e voragini incommensurabili, scardina, annulla ogni figurazione precostituita, ogni elemento oggettuale per ricercare e trovare, in un gioco stringente e raffinato di luci improvvise e di colori accesi, ai limiti di una purezza cromatica alchemica, l’essenza di un’arte antica, la sua sinopia primigenia. Elementi di suggestione ectoplasmica, magneticamente evocati alla vista - “veri e immaginati a un tempo” per dirla con le parole ottocentesche di Domenico Morelli - affiorano dalle tenebre compatte di un abisso primordiale della coscienza segno dopo segno, pennellata dopo pennellata: a condurre la partita sulla tela, di notevoli dimensioni e, non di rado, tonda, c’è pur sempre una mano di  architetto, dichiaratamente attratto dalla “conoscenza esatta”, dal “costruire”.
Secondo la studiosa, Alessandro Fergola si configura dunque come “architetto-artista, collezionista d’arte, appassionato di musica e di letteratura, che nella pittura riesce a restituire la pienezza armoniosa e lieve di un’esperienza sinestetica complessa ricreando, in un’unica visione fantasmagorica e quasi eroica, strutturalmente robusta e magistralmente  svolta, movimenti, fruscii, sensazioni tattili e sollecitazioni cromatiche”.
  

Opere esposte

Nel salone del secondo piano nobile:
Alessandro Fergola (Genova 1942), Entropia, olio su tela, cm 180 x 280, Genova, Galleria d’Arte Moderna (n. Inv. GAM 2459).

Nel salotto Galeotti
Alessandro Fergola (Genova 1942), Tondo I-2011 senza titolo, olio su tela, diametro cm 180, Genova, Archivio dell’artista.

Nella salotto Franceschini
Alessandro Fergola (Genova 1942), Sacro e Profano, olio su tela, cm 160 x 100, Genova, Archivio dell’artista.

In occasione della mostra
in collaborazione con GOG Giovane Orchestra Genovesegrazie a Banca d’Italia

Barocco & Contemporaneo
Musica di fronte ai dipinti di Alessandro Fergola
a cura di Pietro Borgonovo

La commistione tra il contesto storico degli ambienti della Galleria Nazionale di Palazzo Spinola e le espressioni dell’arte contemporanea sarà sottolineato attraverso la collaborazione con la Giovine Orchestra Genovese (GOG), la quale, con il progetto “Barocco Contemporaneo”, nato proprio dall’osservazione delle opere di Alessandro Fergola, organizzerà presso il museo tre incontri dedicati all’ascolto di musiche barocche abbinate a composizioni moderne, eventi che saranno illustrati nella conferenza stampa di
venerdì 24 febbraio 2012 alle ore 11
presso Palazzo Spinola di Pellicceria

L’iniziativa sarà presentata dal Direttore Regionale dei Beni Culturali, arch. Maurizio Galletti, dal Soprintendente Franco Boggero, da Maria Flora Giubilei, da Farida Simonetti e, in particolare, da Nicola Costa e Pietro Borgonovo. Sarà presente Alessandro Fergola.
La presenza dei dipinti di Alessandro Fergola a Palazzo Spinola è occasione per la pubblicazione, a cura della Sagep Editori di Genova, di un inquadramento critico dell’opera di Alessandro Fergola redatto da Maria Flora Giubilei e introdotto da Farida Simonetti, di cui di seguito si allegano i testi:

Farida Simonetti
ESSENZE BAROCCHE
Nel 2009, in occasione del cinquantenario dell’apertura al pubblico di Palazzo Spinola come Galleria Nazionale, per la prima volta la storica dimora ha accolto nelle proprie sale le opere di  un gruppo di artisti contemporanei che avevano accettato di trarre ispirazione da quegli ambienti in un dialogo aperto e fertile tra la sensibilità del mondo di oggi e l’arte barocca.
La ricchezza di stimoli suggeriti da quell’esperienza, capace di offrire anche agli storici dell’arte antica spunti per una nuova, inedita, lettura delle opere, ha abbattuto l’esclusione dell’arte contemporanea dal palazzo creando il desiderio di successive stimolanti presenze.
Con questo intento, quindi, si è con convinzione accolta la proposta di Maria Flora Giubilei, direttore della Galleria d’Arte Moderna di Genova Nervi, di accostare al movimento e alle cromie barocche delle opere di Palazzo Spinola i vortici cromatici dei dipinti di Alessandro Fergola come nuova efficace occasione di riflessione sulle più o meno inconsce permanenze dei linguaggi dell’antico nel nostro presente.

Maria Flora Giubilei
X+Y=ESSENZE BAROCCHE
Architetto genovese classe 1942 e collezionista d'arte, con un curriculum internazionale e, alle spalle, avi napoletani paesaggisti e matematici - i Salvatore, i Francesco e i Nicola vissuti tra Sette e Ottocento -, Alessandro Fergola, curioso “senza pregiudizi” - come scrive - dei “nostri patrimoni di musica, poesia, pittura, scultura, architettura, tecnologie, strumentazioni, artigianato”, sin da un’infanzia guidata dal padre avvocato e pittore, dedica al disegno e all’olio energie e tempi significativi.
Formatosi tra il liceo classico di Parma, il Politecnico di Torino, le Facoltà di Architettura di Genova e di Firenze, ha avuto docenti sul fronte del razionalismo architettonico, professionisti della forza di Leonardo Ricci, Leonardo Savioli ed Edoardo Detti. 
Interessato dai progetti di Denys Lasdun, James Stirling e Norman Foster a Londra, dove giunse appena laureato nel 1969, Fergola avviò il suo studio di architetto dopo aver conseguito il titolo accademico inglese. Una professione che in breve lo condusse fin negli Emirati Arabi, a costruire residenze universitarie, abitazioni e molto altro, e, meditatamente, lo riportò a Genova, dopo dieci anni di lontananza dall’Italia.
Diciottenne, iniziò a perlustrare le potenzialità della pittura a olio: di allora rimane una piccola tela astratta, densa di suggestioni informali, materia acerba e congestionata di emozioni  sovrapposte. Affioramenti e accenti che tornano, nel 1969, negli schizzi con le architetture di Venezia e di Toledo, visioni prospettiche di respiro, a tratti persino in odore di Piranesi, pervase da un fraseggiare interiore, un’evocativa punteggiatura immaginaria che corrode paramenti e strutture portanti. Sono formicolanti vibrazioni di piccoli segni, una grafia quasi depisisiana, minuta e spezzata, che invade i prospetti, li sferza, li drammatizza, li ripassa, li rende evidenti mentre li sgretola, li didascalizza in modo criptato con l'urgenza poetica di una pulsione sentimentale.
Da quei saldi impianti architettonici intaccati da emozioni fluisce la rigorosa,  metodica ricerca di Fergola per travasarsi nelle tele e nei fogli d’oggi, scanditi millimetro dopo millimetro nella costruzione di macro forme astratte, costruite con scienza. Scanditi alla stregua dei  rintocchi della pendola che sta nella biblioteca-studio, gigantesco metronomo che ricorda la sua passione per un’arte matematica come la musica, per Bach, per Verdi (il Don Carlos), per Cage e Jarrett: mentre Euclide, Galilei, Newton stanno sul comodino con opere scelte, pronti a garantire certezza dei fondamenti all'architetto pittore, lui che, a dispetto di impositive volontà famigliari, avrebbe voluto proprio dedicarsi solo allo studio della matematica.
Vuote e ordinatissime le stanze del suo luminoso ed elegante studio con bovindo; in un’atmosfera di linda semplicità, vi si accampano tele, strumenti e arredi tecnici, cavalletti, ovvero speciali macchine coi contrappesi, progettate per meglio orientare e movimentare le tele, spesso di notevoli dimensioni. Al servizio del pittore, dunque, la competenza e la disciplinata organizzazione dell’architetto che realizza anche due piccoli mobili: un raffinato espositore di tubi di colore ordinati per dimensioni e cromie, e spremuti con rara precisione; e un carrello multi-spazio su ruote, decorato coi colori della pulitura dei pennelli, ideato per riporre materiali assortiti e le tavolozze telate, piccoli rettangoli su cui l’artista intona gli accordi cromatici di ogni dipinto, amalgamandoli in stesure tonali omogenee con sfumati sussulti di creatività. Ineludibile atto con cui egli risolve la casualità delle pennellate sulla tavolozza, la governa e la riconduce, con armonia e rigore, al progetto della sua arte. Un’arte, quella di Fergola, che intende giungere a una “rappresentazione del mondo che non è copia ma organizzazione e costruzione di un nuovo punto di vista”, a voler citare le parole di un testo cui l’artista tiene molto anche per la sintonia d’idee (B. Baruscotto Fergola, La teatralità dal senso alla rappresentazione, Milano 1997, p. 27).
L’indagine del pittore non conosce pausa nel perseguire un obiettivo così complesso: ne sono testimoni i tre dipinti oggi allestiti nelle sale di Palazzo Spinola con cavalletti, tavolozze, strumenti di lavoro per offrirsi alla suggestione di una felice contaminazione tra età antica e contemporaneità.
La contaminazione con l’arte magnifica del Grechetto, di Domenico Piola, di Marcantonio Franceschini e di Sebastiano Galeotti, che vi si conserva, è stringente: stimolanti i rimandi tra  i succhi originali variamente barocchi e rococò di capiscuola del passato e le essenze arte-fatte di Fergola; tra la perfezione accademica delle composizioni sei-settecentesche e la sigla del pittore contemporaneo che vuole scardinare i limiti tradizionali della figurazione per giungere a un archetipo espressivo primigenio, astratto e per questo assoluto.
Entropia è il vorticoso pendant di Entalpia (Municipalità de la Ville de Genève), due tele grandiose preparate per il parigino Salon de Comparaison del 1995, cui Fergola partecipò sollecitato dal pittore Riccardo Licata, conosciuto a Parigi tra gli amici italiani di Bianca Baruscotto, compagna del pittore e maître de conferences alla Sorbonne. L’irreversibilità dei fenomeni naturali, il disordine della materia e i processi termodinamici che la riguardano, codificati in leggi e funzioni matematiche: è quanto l’artista vi legge con la teatralità scenografica di un linguaggio alto e antico, ritmato nel movimento e nella giustapposizione dei colori, inteso a evocare origini di universi remoti. La genesi della materia, la duplice natura dell’uomo, la sua fine ultima tornano nei due dipinti realizzati da Fergola nel 2010, il tondo Dalle Sacre Scritture e la tela rettangolare Sacro e profano, con una presa molto ravvicinata - privi del distacco di “sicurezza” e delle pennellate frante di Entropia - e macro-porzioni di corpi e panneggi. Forme compatte, superfici levigate, colori smaltati e squillanti si lasciano scoprire in ambigue visioni di tono apocalittico, incubi infernali, senza promessa di paradisi: Adami che fuggono dal peccato, veli di madonne in lutto, velli d’oro di agnelli, carni di immaginari torsi avvolti in panni. Immagini evocate in un turbine elicoidale  che pare originare nel centro del tondo diviso a metà, o, quinta  dopo quinta, nel rigore alla Mondrian della scatola teatrale che le tiene.
Con rara umiltà e fermezza intellettuale, nelle sue tele l’artista si confronta con la disciplina del mondo classico, coi “colpi incandescenti di luce” e le luminose evaporazioni dell’ultimo Tiziano, con la potenza dell'anatomia michelangiolesca e le esuberanze cromatiche di un barocco opulento e sanguigno. Più borrominiano che berniniano, per l’esito metamorfico  delle sue composizioni; caravaggesco nella scelta dei fondi scuri e dei drammatici tagli di luce; cortoniano nella sontuosità dei panneggi, restituiti col calore cromatico dei romantici internazionali, Delacroix davanti a tutti, come suggerisce il titolo di un dipinto che Fergola gli dedica negli anni Ottanta .
Titoli che nascono - lo ricorda lui stesso - al termine di ogni opera, in qualche raro caso ispirata a precisi lavori come quell’Annunciazione di Beccafumi che, apprezzata alla mostra di Siena nel 1990, lo sollecitò a dipingere il distillato cromatico e formale che ne aveva intimamente trattenuto.  
Il suo è un lavoro di metodo rigoroso: scardina, annulla ogni figurazione precostituita, ogni elemento oggettuale, scandaglia neri assoluti e voragini incommensurabili. Ricerca, in un gioco stringente e raffinato di luci improvvise e di colori alchemici, l’essenza di un’arte antica, la sua sinopia primigenia, il suo ductus originale e giunge all’alba primordiale del barocco.
Elementi di suggestione ectoplasmica affiorano dalle tenebre compatte di un abisso arcaico della coscienza pennellata dopo pennellata: a condurre la partita sulle tele c’è pur sempre una mano di architetto, dichiaratamente attratto dalla “conoscenza esatta”, dal “costruire”, che, per progetto, lascia filtrare il concentrato di un magma variopinto stivato negli anfratti profondi della mente.
Riesce così a restituire la pienezza armoniosa e lieve di un’esperienza sinestetica complessa ricreando, in un’unica eroica visione ben strutturata, movimenti, fruscii, sensazioni tattili e sollecitazioni cromatiche che si legano agli spazi ch’egli abita, vestiti dalle sue tele e da qualche rara scultura, quei nastri di piombo che, mossi come i panneggi dipinti, trattengono fugaci morbidezze alla Moore, artista prediletto da Fergola insieme a Burri e agli esponenti della Scuola romana. Coi dipinti d’Otto e Novecento e le alte librerie convivono gli arredi da lui disegnati: un lineare portaombrelli che, separandoli, li ordina; reggilibri di metallo che trattengono i volumi mentre li contengono; “classificatori” di gusto Sezession per piccolissimi quadri d’epoca; rotonde seggioline di ferro, interpretazioni eleganti della storica cifra hoffmanniana.
Un sofisticato e discreto sistema di specchi, occultati con sapienza a sguardi di ospiti distratti, inseriti nelle boiserie, in strategici angoli di corridoi, nelle specchiature delle porte, avvolge  tutti gli spazi della dimora di Fergola, anche quelli più nascosti, pronto a offrire una poliedrica visione che perfeziona, senza soluzione di continuità, il progetto sinestetico. Grazie agli specchi, alla loro rinnovatrice ambiguità ludica, l’architetto pittore crea nuovi codici spaziali, e, mentre controlla le superfici con gli specchi, pirandellianamente le moltiplica riflettendole.
Tempi, spazi, sensi legati dunque insieme nel progetto d’arte, governati dalla mente creativa e ordinatrice di Fergola che estende l’idea alla sua “casa della vita”. La globalizzazione sinestetica che  tutto pervade e sorveglia, garantendo alla mente certezza di pieno dominio emotivo, è infine compiuta.

Orari di visita
 Orari: 8.30-19.30 (martedì-sabato); 13.30-19.30 (festivi). Chiuso: lunedì, 1° maggio

Tariffe
 Ingresso: intero € 4,00; ridotto (18-25 anni) € 2,00; gratuito minori di 18 e maggiori di 65 anni
Biglietto cumulativo Palazzo Spinola e Palazzo Reale: intero € 6,50; ridotto (18-25 anni) € 3,25

 Per i concerti ingresso con biglietto specifico

Per maggiori informazioni:
 Tel +39.010.2705300
fax +39.010.2705322

giovedì 9 febbraio 2012

Donne del Sud del Mondo. Cuore di Imprese, integrazione ed economia solidale

Al Castello D'Albertis - Museo delle Culture del Mondo, dal 19 gennaio al 30 marzo 2012.
Per tre mesi la mostra accompagnerà i visitatori alla scoperta di un mondo “al femminile” fatto di storie ed esperienze di integrazione, imprenditorialità e solidarietà. Filo conduttore dell'evento, la donna promotrice di uno sviluppo sostenibile, sociale ed economico nel nostro paese e nei paesi d’origine.

Sono oltre 10.000 le donne del commercio equosolidale protagoniste di questa mostra, la prima in Italia dedicata al fair trade ad essere ospitata in uno contesto museale così appropriato.
3 continenti - Africa, Asia e Sudamerica, 1 focus sull’Italia, un percorso guidato, suddiviso in 5 sezioni, attraverso oltre 40 fotografie, filmati, video interviste e oggetti tradizionali.
Attività didattiche per le scuole e un fitto programma di eventi – laboratori per i giovani visitatori, corsi di cucina e una rassegna cinematografica – arricchiranno e completeranno questa esposizione.

Nella prima sezione, dedicata all’ITALIA, 6 video interviste, 6 esperienze personali in cui il lavoro in proprio ha rappresentato un percorso efficace di integrazione sociale ed economica. Marocco, Eritrea, Senegal, Ghana, Egitto, i paesi di provenienza di queste donne che hanno rovesciato le regole di una società che vorrebbe confinarle spesso ai margini.

Nella seconda sezione, dedicata all’Africa, 2 i focus, 2 le esperienze di agricoltura equo solidale portate avanti dalle donne di Taliouine (Marocco) e di Meru Herbs (Kenya).
Taliouine è una piccola cooperativa situata in un’area povera e isolata ma, grazie al sostegno di alcune ONG, è riuscita a implementare la produzione dello zafferano – l’oro rosso del Marocco – e a superare i confini e le logiche del souk – mercato locale, raggiungendo anche il mercato nazionale ed estero.
Camomilla, carcadè e confetture di frutta esotica sono invece alcuni dei prodotti alimentari confezionati dalle donne di Meru Herbs, un’organizzazione nata attorno ad un progetto idrico che ha portato acqua e lavoro a oltre 4.000 persone del Kenya centrale e che ha permesso alla comunità di superare l’agricoltura di sussistenza.

Sete, sari, ricami, saponi con i loro colori e profumi nella terza sezione dedicata all’Asia, protagoniste le donne del Progetto Sasha (India) e di AOWA - Association of Women’s Action for Training and Rehabilitation (Palestina). SASHA è un organizzazione che coinvolge 5.000 artigiane nella regione del West Bengala in India. Fondata nel 1978, produce ed esporta, attraverso il commercio equo, prodotti tessili e spezie.
AOWA nasce nel 1994 da un gruppo di attiviste palestinesi. Oggi le socie sono 1.400 e dal 2000 realizzano e commercializzano una serie di prodotti tra cui il timo, il miele, i tessuti ricamati a mano e il sapone a base di olio d'oliva. Quest’ultimo viene prodotto sia per uso e consumo della comunità sia per l’export nazionale ed internazionale.
Ceramiche e filati nella produzione delle artigiane di ALLPA (Perù) e di AJ Quen (Guatemala) nella quarta sezione dedicata all’America Latina. Entrambi i progetti sono nati per contrastare il lavoro minorile, la discriminazione di genere e garantire condizioni di lavoro dignitose.
Innovazione e tradizione si fondono nella loro produzione di oggetti in ceramica chulucana del progetto Allpa che oggi coinvolge più di 500 donne, oltre 1.000 famiglie e si sviluppa in 100 laboratori artigianali dislocati su tutto il paese.
AJ Quen riunisce invece gruppi di artigiane Maya, soprattutto vedove e ragazze madri, vittime delle violenze perpetrate in 35 anni di guerra civile. I prodotti sono realizzati a mano sui telai a cintura in uso fin dall’epoca precolombiana e riprendono i motivi dei capi indossati dalle donnedei villaggi guatemaltechi.  
                                                                         
Tre i documentari a conclusione di questo “viaggio” dedicato a tutte quelle donne capaci di creare delle filiere produttive più eque e, al tempo stesso, di tutelare il proprio patrimonio culturale.
Bolivia, una rete tessuta dalle donne del fotogiornalista Aldo Pavan, un breve ed intenso documentario sulle donne boliviane che si sono affrancate dall’isolamento, dal machismo e dalla miseria.
Yo Puedo, Yo Valgo, Yo Voy A Perder El Miedo realizzato da Syusy Blady, dedicato alle tessitrici di Aj Quen e Fair Tales di Nicola Moruzzi e Giovanni Pompili, prodotto da Altromercato, il viaggio di Kalhua, cantante spagnola di origine marocchina, attraverso il Mediterraneo alla ricerca di progetti di economia sostenibile e commercio equo.
 Per informazioni sugli eventi collaterali cliccate su questo link:
 http://www.museidigenova.it/spip.php?article764

mercoledì 8 febbraio 2012

San Valentino al Castello D'Albertis

Al Castello D'Albertis, martedì 14 febbraio 2011 alle ore 19,00 protagonista sarà il cuore. Per la giornata degli innamorati lo staff del maniero ricreerà magiche atmosfere e menù a base di prodotti equosolidali. Il programma della serata prevede:
la visita guidata ai  misteriosi passaggi segreti del castello, una cena romantica con servizio a buffet con i prodotti della Bottega Solidale e un ritratto personalizzato.  Il costo è di 90,00 Euro a coppia.  La prenotazione è obbligatoria e soggetta a conferma,  può essere effettuta contattando il numero telefonico 010.2723820. 

martedì 7 febbraio 2012

La collezione numismatica di Banca Carige in mostra

 Nella nuova sede della Fondazione Carige a Palazzo Doria, in Via Chiossone, 10, si terrà dall'8 al 25 febbraio 2012, una mostra di monete della Repubblica di Genova che fanno parte della collezione numismatica della Banca Carige. Per oltre cinque secoli le monete genovesi recavano impressa sul lato dritto  una porta sovrastata da tre torri, un marchio inconfondibile. A partire dal 1637 e fino alla caduta della Repubblica, questo simbolo  venne sostituito da Maria Vergine Incoronata, che nel frattempo era stata proclamata Regina di Genova. Le monete esposte sono state coniate nel corso dei settecento anni di vita della zecca genovese e sono tutte in oro, argento e rame. Nel loro insieme esse compongono il tesoro numismatico della Banca Carige, che ha deciso di esporle al pubblico in occasione della recente inaugurazione della nuova sede della Fondazione Carige. La mostra sarà aperta al pubblico il mercoledì, il giovedì e il sabato, dalle ore 9,00 alle 13,00 e dalle 14,00 alle 18,00.  L'ingresso è libero.

lunedì 6 febbraio 2012

Tranquillo Marangoni: Arte sotto torchio. La carriera di uno xilografo scultore del Novecento

Alle Raccolte Frugone e alla Wolsoniana di Nervi, dal 21 gennaio al 6 maggio 2012.
In occasione del centenario dalla nascita, Genova celebra la figura di uno degli incisori più importanti, a livello internazionale, del Novecento, forte di un linguaggio xilografico che, con profonde conoscenze tecniche, coniugò toni espressionisti e forme neocubiste.
La mostra offrirà due percorsi e cinque sezioni, curati nell’ordinamento da Matteo Fochessati, Gianni Franzone, Maria Flora Giubilei e Francesca Serrati, e nell’allestimento da Giulio Sommariva.
Xilografie, disegni, matrici e cartoni, fotografie d’epoca e pannelli lignei daranno conto al pubblico anche della cospicua donazione di 387 opere, prevista dallo stesso artista e perfezionata nel 2009 dal figlio Aldo, al Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce.
Alle Raccolte Frugone saranno allestite quattro sezioni:
1) Tranquillo Marangoni, la famiglia, l’atelier, con numerosi autoritratti tra il 1942 e gli anni Sessanta, ritratti di famiglia e la ricostruzione del suo atelier di incisore, l’ultimo, quello che allestì dal 1985 nella sua villa di Ronco Scrivia, con i suoi tavoli e i suoi strumenti.

2) L’attività artistica di Tranquillo Marangoni nella donazione al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce con il nucleo di 35 opere, tra tavole xilografiche, disegni preparatori e collage fotografici, datate tra il 1947 e il 1988 a segnare il percorso dell’artista, tra avanguardia friulana legata ai nomi dei fratelli Basaldella, sguardi agli artisti berlinesi della Brücke, agli xilografi ungheresi e al linguaggio del tardo Picasso.

3) La sezione coi volumi illustrati - veri e propri libri d’artista - come la raffinata edizione inglese di The Toilers of the sea di Victor Hugo nel 1960, esposta alla Wolfsoniana. Sarà sottolineato, attraverso il nucleo della donazione fatta al Museo di Villa Croce, l’impegno dell’artista, con lo scrittore Mimmo Guelfi, nella fondazione della casa editrice La Pigna per cui ideò e pubblicò nel 1967 le Filastrocche genovesi, di cui si espongono, oltre al volume a stampa, anche i materiali preparatori - studi di copertina, di caratteri, di titoli e di xilografie, inclusa una puntuale ricognizione fotografica sul centro storico genovese fatta dallo xilografo per individuare gli scorci più significativi - per la versione a stampa del volume. Si proporranno in mostra anche le tre edizioni, l’optima, l’extra e la simplicitas di un prezioso volume dedicato a Santa Teresa nel 1985, riccamente illustrato da Marangoni e voluto dal cardinale Anastasio Ballestrero di Torino.

4) La sezione assai nutrita degli ex libris che l’artista fece per alcuni protagonisti del mondo della cultura e dell’illustrazione, dal critico d’arte Luigi Servolini all’artista Bruno da Osimo, all’architetto Zoncada, ai collezionisti di ex libris, Gianni Mantero e Ivan Matteo Lombardo.

Nella stessa sezione, per ricostruire in modo significativo la personalità dell’artista si esporranno per la prima volta i biglietti augurali di fine anno, incisi, per gli auguri di Capodanno, tra il 1948 e il 1980, e gentilmente concessi dall’Archivio Tranquillo Marangoni: parole e segni in bianco nero, dallo scabro tratto quasi medievale, si intrecciano, senza soluzione di continuità, nello spazio bianco di piccoli fogli di carta inviati a parenti, amici, conoscenti e personalità del mondo culturale e artistico. Più di 2000 nomi nell’interessante indirizzario che Marangoni stilò, dal 1959 al 1981, coi nomi di Roberto Longhi, Giulio Carlo Argan, Rodolfo Pallucchini, Francesco Arcangeli, di architetto come Gio Poti e Nino Zoncada, di artisti come Enrico Paulucci e Oscar Saccorotti, di gallerie private e importanti musei pubblici, ciui l’artista inviava ogni anno un piccolo e prezioso originale xilografico. Marangoni, acuto e lucido distillatore di eventi della contemporaneità, anno dopo anno, affida ai suoi biglietti efficaci sintesi e nuovissime allegorie - dalla cifra pungente e, a tratti, intrisa di critica feroce - di episodi salienti della vita sociale, civile, culturale e politica nazionale e internazionale.

Wolfsoniana
4) Alla Wolfsoniana sarà ospitata la quinta sezione dedicata ai pannelli decorativi e agli arredi che Marangoni, dopo avere lavorato per molti anni come disegnatore per i cantieri navali di Monfalcone, ideò e realizzò per edifici privati - ville residenziale e appartamenti, sedi di società, come la Feltrinelli di Milano - pubblici – la sede dell’INPS di Gorizia e per navi. Capitolo assai importante per l’artista che si svolse in stretta collaborazione con l’architetto Nino Zoncada e molti altri artisti come Gio Ponti, Massimo Campigli, Enrico Paulucci, Lele Luzzati. Attraverso opere originali, disegni preparatori, studi e fotografie, oggi conservate nell’Archivio Tranquillo Marangoni, verranno rievocate le sue geniali ideazioni. Legate ai criteri espressivi offerti da una raffinata e virtuosa tecnica xilografica, le sue creazioni entrarono nei saloni delle celebri navi Giulio Cesare (1951) e della sua gemella Augustus (1952), Victoria, riallestita nel 1953, Homeric (1954) con l’articolato racconto del Ritorno di Ulisse a Itaca dispiegato, avvalendosi di materiali ai limiti della sperimentazione, in raffinate figure di algido ricordo archeologico. E ancora sue decorazioni arredarono le motonavi Fairsea (1955), Stelvio (1959), Guglielmo Marconi (1961), Daunia (1965), la turbonave Oceanic (1965). Ma altrettanto importanti furono gli interventi di artista nel celebre transatlantico Michelangelo (1965) – dove realizzò i cartoni per cinque arazzi del salone delle feste – e nelle navi e Carla C. ed Eugenio C., di cui oggi si espone l’importante pannello L’evoluzione della scrittura in Liguria, opera oggi conservata ancora presso la Società Costa e unica sopravvissuta al disarmo del 2001.

Per maggiori informazioni visitate il sito http://www.museidigenova.it/spip.php?article763