domenica 29 dicembre 2013

SALA DELLA TEMPESTA IN 4 D DAL 21 DICEMBRE AL GALATA MUSEO DEL MARE DI GENOVA

Novità sotto l’albero di Natale al Galata Museo del Mare. Sabato 21 dicembre, alla vigilia delle feste, il più grande e visitato museo della Liguria apre una nuova sezione: la “Sala della Tempesta in 4D”. Un’esperienza da provare in prima persona, che consente al visit-attore del Galata di salire a bordo di una scialuppa in un mare in tempesta

Il nuovo allestimento comprende una prima parte sul tema delle tempeste nella storia: attraverso dipinti, stampe, incisioni, ex voto ed oggetti semplici della vita comune che si trovavano a bordo delle scialuppe, il visitatore può scoprire le origini, le motivazioni e le storie di chi sceglieva di solcare le acque più temibili come quelle di Capo Horn, protagoniste del nuovo exhibit. è nella seconda parte, in linea con la filosofia “Sali a bordo” del Galata Museo del Mare, che si vive l’esperienza in 4D.

Il futuro-naufrago si trova in un vano buio, illuminato da una sola forte luce rivolta al soffitto, dove una scialuppa – una baleniera originale del XIX secolo con tutte le sue attrezzature - è rovesciata, nell’immagine dell’ultima disperazione. La voce concitata del nostromo che appare sullo schermo con il suo “Sud Ovest”, tipico abbigliamento (cerata e cappello) dell’epoca, chiama il pubblico a salire a bordo di un’altra scialuppa, prendere posto sui banchi, aggrapparsi ai remi e iniziare a remare perché, come grida il nostromo, “la nostra nave sta per affondare e noi dobbiamo allontanarci”. Intanto si illuminano gli schermi, mostrando Capo Horn, mentre le onde e i piovaschi che si alternano alle forti raffiche di vento coinvolgono il visitatore in un’esperienza multisensoriale. La barca beccheggia, sale e scende sulle onde – meglio tenersi forte – intorno ai superstiti passano come fantasmi gli albatros, le orche e le balene.
    
Pochi minuti di intensa immersività per capire che con il mare non si scherza. Un’esperienza forte, che unisce storia e nautica in un suggestivo allestimento con le nuove frontiere dell’edutainment. La piattaforma mobile a quattro assi (four dots) è stata realizzata dalla Moviemex di Catania (allestimento cinema 4d) e il mare tempestoso virtuale prodotto da Federico Basso, un moviemaker genovese di talento, il tutto coordinato per la parte multimediale da ETT spa, partner del Galata Museo del Mare nella realizzazione del Sommergibile Nazario Sauro e del padiglione MeM Memorie e Migrazioni. 
Resta una domanda: ci salveremo dal naufragio? Chi ci raccoglierà nelle acque gelide e ventose di Capo Horn? Non resta che andare al Galata Museo del Mare per saperlo. 

INTERVENTI ISTITUZIONALI
“Con questo nuovo allestimento – commenta Maria Paola Profumo Presidente Mu.MA -  il Galata prosegue il racconto di storie di naviganti che in epoche e per ragioni diverse hanno affrontato viaggi pericolosi alla ricerca di condizioni di vita migliori. Purtroppo tempeste e naufragi rimangono temi dolorosamente attuali; in questo Museo cerchiamo di raccontare in maniera coinvolgente e stimolante, facendo vestire ai nostri visitatori i panni di diversi naviganti, numerose tematiche, anche tragiche, con l’obbiettivo di creare coscienza”. 
   
“è una sala completamente nuova - commenta il direttore Pierangelo Campodonico - che abbiamo realizzato confrontandoci con altri musei internazionali, per essere al passo con i tempi. è possibile vedere sia reperti originali degli ultimi velieri, sia provare un’esperienza molto particolare, quella di salire a bordo di una scialuppa mentre la nave affonda, nel mare in tempesta”.

“Come per le precedenti novità curate dallo staff scientifico dell’Istituzione Mu.MA per il Galata Museo del Mare – commenta Giuseppe Costa Presidente di Costa Edutainment spa - Costa Edutainment si impegna a inserire la Sala della Tempesta in un’attività di comunicazione e promozione a livello nazionale. Insieme alle strutture del mondo AcquarioVillage, questo nuovo exhibit diventa un ulteriore strumento per contribuire a dare lustro alla città, promuovendola a livello nazionale come meta turistica privilegiata. Ancora una volta la sinergia tra pubblico e privato si rafforza per la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro territorio”. 

“Penso che questo nuovo allestimento potrà affascinare molto il pubblico più giovane, commenta Roberto Giorgi, presidente dell'Associazione Promotori Musei del Mare onlus, a cui tengo particolarmente. Il Galata Museo del Mare, racconta tanti aspetti e tante epoche del mondo dello shipping, e ancora una volta sono certo che il nostro pubblico potrà provare emozioni e stimoli che di solito in un museo tradizionale non trova.”

APPROFONDIMENTO STORICO – PRIMA SALA
Il Visitatore arrivato al secondo piano del museo viene attirato da una grande immagine: si tratta dell'ingrandimento del Sauvetage, litografia del pittore francese Ferdinand Perrot che rappresenta il salvataggio dell’equipaggio di una barca disalberata nella tempesta da parte del veliero svedese Neptune, alla metà del XIX secolo. 

Nella sala, scenograficamente dipinta di blu scuro, due vetrine ospitano i molteplici reperti che rappresentano l’epoca in cui i velieri genovesi dai nomi esotici – i bricche (dall’inglese Brick, brigantino), gli scippe (da Ship) e i barco bestia (the best bark, le navi goletta) – battevano i mari del mondo per portare i loro carichi: dal grano ucraino, alle pelli e alla carne argentina, dal guano (escrementi di volatili marini usato come fertilizzante bio) delle isole peruviane Chincas, dal carbone inglese di Cardiff, al riso della Birmania. Una stagione dimenticata da tutti ma che ebbe come protagonisti capitani e naviganti del calibro di Garibaldi, ufficiale prima e comandante poi, che su questi velieri girò il mondo (Costantinopoli e Mar Nero, Inghilterra e Stati Uniti, America del Sud) e Nino Bixio, che dopo l’impresa dei Mille, tornò ad imbarcarsi e morì di febbre gialla, a bordo del piroscafo da carico Maddaloni nell’isola di Sumatra. 

Le diverse rotte: questo straordinario sviluppo della marina velica italiana – per la stragrande maggioranza ligure, genovese e camoglina in primis – comportò costi straordinari. Per la prima volta, in maniera massiccia le navi italiane uscivano dal Mediterraneo e iniziavano a battere i mari del mondo scoprendo cosa comportava navigare in luoghi come il Channel (canale della Manica), il Gulf Stream (la corrente del Golfo e il suo tempestoso percorso dal Golfo del Messico alla Scandinavia), il Capo di Buona Speranza.  Il mare più terribile da affrontare era proprio quello di Capo Horn. La nera scogliera all’estremità dell’America Meridionale (55°58’47” Sud), che a causa della sua posizione geografica è il luogo dove si scontrano le masse d’acqua e d’aria dell’Atlantico e del Pacifico, provocando venti che vanno dai 160 ai 220 Km/h e una risalita verso Ovest quasi proibitiva. 

Perché la rotta di Capo Horn? I marinai liguri iniziarono a frequentare Capo Horn per raggiungere dall’Argentina, in tempi più brevi rispetto allo Stretto di Magellano, le altre destinazioni della costa occidentale: Valparaiso, Callao, le Chincas. Una scelta rischiosa attraverso una rotta continuamente esposta alle tempeste tanto da rendere necessario un equipaggiamento particolare, con un cappello e un giaccone di tela cerata, chiamato proprio Sud-Ovest.  

I naufragi genovesi più famosi. Diversi sono gli episodi di naufragi genovesi passati alla storia le cui tracce sono raccolte in una carta nautica esposta: nel 1855, il Solari e Brignardello finiva sugli scogli; più fortunata fu la Yole con 400 emigranti a bordo che nel 1864 impiegò 17 giorni a compiere la traversata; mentre una vera odissea visse l’Alessandria che per 50 giorni tentò di rimontare Capo Horn, assistendo impotente, all’affondamento di quattro navi. 
Marinai ed emigranti: la tragedia, non riguardava solo i marinai. Nei viaggi verso ponente, i velieri italiani trasportavano emigranti: agricoltori e contadini liguri, piemontesi, veneti e lombardi che vanno per i raccolti dell’estate australe. Questi viaggiavano nelle stive, su brande e pagliericci improvvisati, e in corrispondenza delle acque del Capo le stive venivano sigillate  inchiodando e ricoprendo di tela cerata i boccaporti per evitare che potessero salire sul ponte intralciando le manovre o rischiando di essere spazzati via dalle ondate. Come testimoniano i racconti dei 350 emigranti del San Domingo che al loro arrivo al Callao “erano come impazziti dal terrore”, le condizioni di navigazione nelle viscere della nave sballottati come fuscelli, al buio e in condizioni igieniche precarie, ogni onda poteva essere l’ultima.  

Ma cosa succedeva quando occorreva abbandonare la nave? Si mettevano in mare le scialuppe – operazione molto complessa – cercando di dotarle di acqua e provviste: qualche coperta, una bussola, una carta nautica, un sestante, i remi, un “arpione” per fiocinare qualche pesce o qualche volatile, se si fosse rimasti troppo tempo in mare. In un naufragio, anche la cosa più modesta poteva avere uno straordinario valore.

Dipinti, stampe ed ex voto: nella sala, una galleria di dipinti e di stampe ricorda come tempeste e naufragi, sin dal XVI secolo, abbiano ispirato pittori e incisori di marina. Un angolo, in particolare, attraverso un video curato da Giovanni Carosio, esperto di costruzioni navali del Galata, mostra decine di ex voto della Liguria, georeferenziandoli e costituendo così una vera mappa delle tempeste, resa possibile dall’estrema precisione con cui i capitani e i loro equipaggi indicavano, negli ex voto, con le coordinate di latitudine e longitudine i luoghi dove avevano subito la tempesta o il naufragio. 

Per maggiori informazioni visitate il sito  http://www.galatamuseodelmare.it

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